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THE BRUTALIST Brady Corbet

the brutalist

Dopo aver visto un film di tre ore e mezza, la prima domanda è inevitabile: erano davvero necessari tutti questi minuti di pellicola? La nostra risposta è no. “The Brutalistè un’opera che dilata eccessivamente la narrazione, con scene e situazioni che spesso sembrano più un pretesto per giustificare la pomposità del film che elementi realmente funzionali alla storia.

Detto questo, ci sono sicuramente aspetti positivi. Il dramma del protagonista ha qualcosa di shakespeariano, con un’intensità emotiva che colpisce. La regia di Brady Corbet è notevole, caratterizzata da inquadrature fuori dall’ordinario e da un sapiente utilizzo dei chiaroscuri, valorizzato dalla fotografia di Lol Crawley. Adrien Brody, che per questa interpretazione ha ricevuto un Oscar, offre una performance solida, ma non memorabile. Fa il suo dovere, ma senza guizzi straordinari. Chi invece si distingue è Guy Pearce: il suo Harrison Lee Van Buren è un personaggio sfaccettato, una vera e propria maschera mutevole che nei momenti più drammatici riesce a mantenere una recitazione misurata e incisiva. Bene anche Joe Alwyn nel ruolo del viscido Harry Lee Van Buren. Il resto del cast, purtroppo, non lascia un segno particolare.

La trama. Nel 1947, l’ebreo ungherese László Tóth, scampato a Buchenwald, emigra negli Stati Uniti. L’Olocausto l’ha separato dalla moglie Erzsébet, che a lungo aveva creduto morta a Dachau e ora invece gli scrive da un campo profughi dell’Armata Rossa promettendogli di riabbracciarlo non appena otterrà anche lei il visto. Stimato architetto del Bauhaus prima dell’ascesa del nazismo, László va a vivere a Filadelfia dal cugino Attila Molnár (Alessandro Nivola), immigrato prima della guerra e assimilatosi alla gente del posto, anglicizzando il suo cognome in Miller e sposando la cattolica Audrey. Per dargli una mano, Attila gli trova lavoro nel suo negozio di mobili, dove László si cimenta, con perplessità da parte di Audrey, in piccoli progetti di design d’interni in cui dà prova delle sue nuove sensibilità brutaliste nate dall’esperienza dell’Olocausto.

La prima parte è interessante e promettente, ma la seconda perde mordente rispetto alle aspettative. Il finale, poi, appare affrettato e raffazzonato, come se la sceneggiatura avesse esaurito le idee e non sapesse più come chiudere il cerchio. Insomma, “The Brutalist” è un film ambizioso che promette molto, ma restituisce meno di quanto il suo potenziale lasciasse sperare.

Review Overview

SCORE - 5.5

5.5

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