
SERPENTI «Bisogna uscire e ascoltare musica dal vivo per venire fuori da certi meccanismi»
Di “Titani” abbiamo già parlato nella nostra recensione, tuttavia la cosa più brutta i Serpenti Clo e Luca ce la dicono in apertura di intervista: «Sì, purtroppo il disco al momento è solo in digitale. Casomai impazzissimo e decidessimo di stampare sarebbe in vinile». Quindi bisogna mettersi in pace: uno dei dischi più belli dell’anno resterà nell’etere, mentre porcate di ogni genere continueranno a uscire in formato cd, vinile, cassetta e chissà cos’altro. E’ l’industria della musica, bellezza. Consoliamoci con questa chiacchierata che ha l’obiettivo di provare a capire meglio 3 cose: 1. qualcosa in più di questo progetto che si muove da anni; 2. come funzionano oggi le cose per chi fa musica e ascolta musica; 3. come si fa un disco eccellente. Partiamo.
Melodie, produzione e testi. Dall’esterno sembrano queste le tre direttrici di “Titani”. Avete seguito una direzione per tutte le canzoni, oppure è stato un continuo “lavori in corso” durato 4/5 anni?
«Per questo album siamo stati abbastanza metodici. Siamo partiti sempre da un piano/chitarra e voce. E questa è una fase che condividiamo sempre. Dopo ci dividiamo: io – spiega Clo – lavoro sui testi e Luca sulla produzione. Però manteniamo sempre uno sguardo (un orecchio) sul lavoro dell’altro perché ci piace mescolarci. Siamo molto diversi e troviamo insieme quello che per noi è il giusto equilibrio».
“Titani” è il disco più bello dei Serpenti oppure c’è qualche vostro lavoro del passato che meriterebbe di essere ascoltato ancora oggi perché è rimasto attuale?
«“Titani” è l’album che più ci rappresenta in questo momento. Ci sembra più libero, completo e davvero senza freni. Abbiamo scritto senza pensare a cosa potesse essere di moda. Rispetto ai precedenti lavori, ci sono dei brani che oggi non scriveremmo (ma ci sta, abbiamo cominciato a scrivere pezzi per Serpenti che avevamo 25 anni, è normale che il modo di vedere le cose, il mondo ed anche gli argomenti che avevamo a cuore possono essere cambiati), ed altri che invece troviamo sempre attuali (tipo “Io non sono normale”) e che ancora oggi ci piace ascoltare e fare dal vivo (“Scendo piano”)».
Avete mai pensato a un palco me quello di Sanremo?
«Purtroppo noi siamo in quel limbo in cui è altamente improbabile che possiamo accedere a Sanremo: troppo grandi per essere nella categoria “Giovani” e troppo poco conosciuti per essere nei “Big”. Non ci abbiamo neanche provato ma in futuro chissà. Sicuramente darebbe una bella spinta per farci conoscere. In un universo parallelo ci saremmo presentati con “Dentro il Kaos”».
Avete un po’ di esperienza e conoscete bene il mercato discografico – frequentandolo da dentro. A che punto siamo? Cosa si può dire di questo periodo storico e cosa vedete all’orizzonte?
«E’ un momento molto difficile. Da un lato è diventato estremamente facile fare e pubblicare musica. Si sono abbattuti tanti costi (si può serenamente fare musica con un computer, un microfono e una scheda audio e con le piattaforme di streaming si può pubblicare senza dover affrontare il costo della produzione fisica dei supporti). Dall’altro, ciò ha generato una sovrapproduzione di canzoni che stimola la continua produzione di sempre più brani per non “restare indietro”. Un brano dura una settimana e se in quella settimana dell’uscita tu ascoltatore te lo sei perso finisce per restare dimenticato. Anche noi che siamo assidui divoratori di musica a volte abbiamo difficoltà a stare dietro a tutto quello che esce, figuriamoci un ascoltatore medio. Non abbiamo purtroppo una soluzione a questa situazione (altrimenti la sbandiereremmo ai 4 venti). Noi, di nostro, per arrivare a più persone possibili e con i mezzi che abbiamo (che non sono quelli di una major) cerchiamo di portare le nostre canzoni dal vivo il più possibile per stuzzicare la curiosità delle persone. Bisogna uscire e ascoltare musica dal vivo per venire fuori dai meccanismi “viral” – “playlist” – “mode del momento”».
Facciamo un po’ di nomi. Un progetto italiano che vi piace e uno straniero.
«Ci sono tanti artisti che ci piacciono anche se distanti da noi. Io (Clo) sono super fan di Andrea Laszlo De Simone, mi piacciono molto i Coma Cose, a Luca ha colpito tanto l’ultimo album di Stabber. Ci piace molto anche Napoleone! Sugli stranieri abbiamo tanta roba che ci piace e che ascoltiamo: Royal Blood, Cannons, Bob Moses, Bbno$, Chappell Roan, Olivia Rodrigo, Lady Gaga. Ma la lista è veramente lunga!».
Torno per un attimo a “Titani”. In alcuni passaggi è molto cinematografico. Il cinema ispira la vostra musica, il vostro modo di fare arte?
«Hai detto una cosa bellissima. Ci piace creare con la musica una roba che chi ascolta può anche “vedere”. Lo facciamo con le parole, con il modo in cui uso la voce, con i suoni. Per noi scrivere (facendolo anche per altri è un flusso continuo) richiede continui stimoli. Tra questi c’è sicuramente il cinema. Te la giro così: nel famoso universo parallelo di cui sopra in cui i Serpenti hanno accesso a qualunque mezzo, faremmo girare tutti i nostri video a Christopher Nolan e a Sofia Coppola. Sì, un po’ bipolare come risposta – sorride».
In quasi 20 anni di carriera avete aperto concerti e collaborato con nomi importanti italiani e stranieri. C’è stato un incontro che vi è rimasto dentro? Non mi riferisco solo all’aspetto musicale, ma anche umano.
«Due su tutti: uno italiano ed uno straniero. Caparezza: Michele è una persona speciale, ci mette cura e passione in quello che fa. Ogni volta che ci ha fatto aprire un suo concerto, ci ha fatti sentire a casa. Gossip: stupendi su e giù dal palco».