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ROBBÈ Vecchie cicatrici

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Ha una bella penna, Robbè. Nel senso che ha proprietà di linguaggio, ma il suo “Vecchie cicatrici” paga a caro prezzo – nel giudizio – la presenza di arrangiamenti tali da renderlo un lavoro molto, molto derivativo, finanche… vecchio, una riproposizione senza guizzi delle lezioni (musicali) dei Maestri, con Guccini in testa. Ecco che quindi l’ascolto delle 12 canzoni in scaletta si fa subito pesante, e impossibile da replicare a stretto giro. Noi – per la cronaca – l’abbiamo ascoltato quattro volte, e alla fine abbiamo sempre avuto l’impressione di un disco troppo ancorato al passato, quasi un omaggio (involontario?) a una stagione feconda del cantautorato italiano, ma sinceramente un classe 1994 ha il dovere (a maggior ragione se scrive bene) di guardare oltre e di trovare una propria strada dal punto di vista prettamente musicale. Insomma, un lavoro in bilico tra canzone d’autore e folk, ma privo del giusto spessore.

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